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Il Complesso Monumentale del Santuario San Francesco di Paola sorge nell’omonima città tirrenica a breve distanza dall’abitato, in un’incantevole vallata, tra mare e monti, bagnata dal fiume Isca.
Il nucleo più antico delle strutture edilizie del Santuario risale al 1467, anno in cui l’arcivescovo di Cosenza, ponendo la prima pietra, diede inizio alla costruzione del sacro edificio. Per sostenere l’opera appena avviata, tre cardinali, il 7 luglio 1467, concessero 100 giorni di indulgenza a coloro i quali avrebbero contribuito ai lavori per la realizzazione dell’oratorio annesso all’eremo. Sino a tale data, infatti, Francesco insieme ai primi compagni aveva utilizzato alcune grotte ricavate nella roccia, attualmente seminterrate.
All’atto dell’approvazione diocesana della Congregazione eremitica, rilasciata in data 30 novembre 1470, risulta che era ancora utilizzato un altare mobile e, quindi, i lavori erano ancora in corso, mentre quando il 17 maggio 1474 arriva la conferma pontificia, le strutture fondamentali dell’oratorio dovevano essere già completate. Tant’è che, il successivo 23 giugno, papa Sisto IV stabilì che a partire dal 1476, ovvero dopo l’Anno Santo del 1475, i fedeli che nel giorno dell’Assunta avessero visitato la chiesa annessa all’eremo denominato “S. Francesco di Paola”, avrebbero potuto lucrare l’indulgenza plenaria. In questa prima fase, l’oratorio eremitico consisteva nell’odierno coro e presbiterio, collegati al romitorio che era costituito dall’odierno vano dell’anti-sagrestia e dalla stessa sagrestia, sui quali furono poi realizzate le celle per i romiti. Fra di esse vi era quella utilizzata da S. Francesco prima della sua partenza per la Francia (1483).
Col trasferimento e la residenza dell’eremita Francesco Martolilla presso la corte di Tours (1483-1507), si verifica un cambiamento a livello istituzionale: l’istituto fondato in Calabria, da piccola congregazione eremitica si evolve in un Ordine mendicante, l’Ordine dei Minimi, il che comporta, tra l’altro, una riorganizzazione degli ambienti destinati all’azione pastorale. Così com’è attestato dalle concessioni pontificie, emanate da Sisto IV nel 1483 e da Giulio II nel 1506, mentre il Santo si trova in Francia vengono eseguiti lavori di manutenzione e ampliamento delle strutture. A questa fase è ascrivibile l’ampliamento del primigenio impianto chiesastico, attraverso una grande aula articolata in due ampie campate, con copertura a capriate, affiancate sulla parete destra dalla navata minore. Per effetto di tale ingrandimento, l’antico portale di accesso sarà smontato e rimontato nell’attuale posizione. Oltre che per le accresciute esigenze di culto, con tale ampliamento si intendeva correggere l’iniziale impostazione dell’asse, ponendo così le basi per le future realizzazioni del chiostro a quattro ali e del portico. A tal riguardo non può sfuggire la diversa sezione delle arcate nel chiostro: il lato prospicente l’antico eremo, ovvero l’attuale sagrestia, presenta un pilastrino centrale al quale si appoggiano due semicolonne rivolte in senso opposto rispetto all’intradosso. A questa prima realizzazione, seguono gli altri tre lati, ove vengono adottati semplici ma robuste colonne i cui capitelli, però, sono diversi l’uno dall’altro.
La canonizzazione del Santo (1519) e la celebrazione di un capitolo generale dei Minimi (1535) accrescono e riconoscono l’importanza del sacro edificio. Per effetto di ciò la comunità religiosa avvia un progetto di abbellimento all’interno della chiesa, facendo realizzare sulla parete laterale sinistra una serie di altari. A questo periodo, infatti, risalgono gli affreschi raffiguranti la Madonna col Bambino (1543), un’altra Vergine col Bambino, una figura di apostolo e un motivo architettonico, distaccati nel 1968 durante i restauri della Basilica ed ora esposti nel museo.
Il 2 luglio 1555 il Santuario è saccheggiato dalle milizie musulmane che vi appiccano anche il fuoco. Grazie alla munificenza di Isabella de Toledo, figlia di Pietro viceré di Napoli e vedova di Giovan Battista Spinelli, barone della vicina Fuscaldo, nel 1567 oltre ad essere ultimati i lavori di riparazione per i danni prodotti dall’incursione turca, si eleva dal punto di vista architettonico la qualità delle strutture di accesso al sacro edificio. Per quanto riguarda l’interno, per evitare il pericolo di ulteriori incendi, viene sostituita la copertura lignea a capriate con delle volte. Tutto ciò richiede non solo il rafforzamento della parete unita al chiostro, ma anche la realizzazione di due grandi pilastri intermedi. Nello stesso torno di anni dovrebbero pure essere avvenute la riorganizzazione o parziale ricostruzione del braccio conventuale collegato al coro della chiesa, la costruzione del pronao della Basilica e, molto probabilmente, la sopraelevazione del chiostro.
Il 23 aprile 1581, alla vigilia dell’apertura del Capitolo Generale di Barcellona, il convento riceve dal Correttore Generale P. Le Tellier, un frammento del costato di S. Francesco. A Paola, sino allora, si veneravano le reliquie costituite dai suoi effetti personali, mentre la presenza di una reliquia insigne (ex ossibus) accresceva l’importanza del convento di Paola come Santuario. Per dare un’adeguata sistemazione a tutte le reliquie del Santo, tra il 1590-1595 il marchese Giovan Battista Spinelli fa abbellire la cappella posta alla fine della navata minore. La cappella, all’interno, si presenta a pianta quadrata, sulla quale si imposta il tamburo ottagonale all’esterno. Al 1590 risale la lanterna mentre il rivestimento marmoreo viene ultimato tra il 1594-1595. Come segno di riconoscenza per tanta munificenza, la comunità religiosa concesse che di fronte alle sacre reliquie fosse sepolto il defunto genitore del marchese, Salvatore Spinelli, resosi famoso per la cosiddetta Strage dei Valdesi.
Sotto la spinta dell’incremento numerico dei frati, la famiglia Spinelli finanzia anche le successive addizioni. Alla prima metà del sec. XVI risalgono il completamento del chiostro e l’edificazione del lungo braccio conventuale sulla riva sinistra dell’Isca, fondando con ampie arcate edificate sul declivio della montagna in parallelo col corso del fiume. Al piano superiore, oggi adibito a museo, vengono realizzate le celle per i padri, in fondo alle quali si trova una magnifica torre destinata a sede della biblioteca e dell’archivio conventuale. Dalla documentazione rinvenuta risulta che nel 1629, sulla porta di ogni cella, era stata raffigurata la serie dei religiosi Minimi di esimie virtù, dal che si desume che la sua costruzione è certamente anteriore.
La scelta di ubicare i dormitori sul lato fiume comportò l’esigenza di creare un collegamento tra il chiostro e le celle dei padri. A tal fine nel 1626, all’atrio davanti alla chiesa, ne viene accostato un altro in colonne, la cui costruzione comporterà la riduzione della navata minore e grazie al quale sarà realizzato un ingresso monumentale al Santuario, che così farà da supporto alla fastosa facciata tardoseicentesca.
Il complesso di edifici, ubicato nella gola del torrente Isca, si articola in diversi corpi di fabbrica, edificati in tempi successivi, di cui il nucleo più antico riflette la metamorfosi da piccola congregazione eremitica in ordine mendicante. Si presenta ad “U” rovesciata (guardando verso Est); a sinistra parte del convento e dell’ex Scuola Apostolica, al centro, con la sua bella veduta della gola del fiume, sormontato da un bellissimo arco, un altro corpo di fabbrica, funge da foresteria, l’altra ala a destra col museo e le stanze dei Padri, che si conclude con la maestosa biblioteca.
La grotta della Madonna di Lourdes anticipa la Basilica e fu realizzata nel 1954.
Sul piazzale, ampio e panoramico, si trova imponente l’obelisco eretto nel 1950 in occasione dell’Anno Santo, alla cui base sono posti due pannelli bronzei del Bianchini (1965).
Nella zona sottostante si trovano due enormi sassi sovrapposti, le cosiddette “Pietre del Miracolo“, che sfidano la legge di gravità, fatte rimanere così dal Santo, narra la leggenda, mentre stavano per travolgere gli operai impegnati nella costruzione dell’antica strada di accesso.
Dopo aver percorso il nuovo piazzale realizzato nel 2007 ed il viale ripavimentato nel 2000, si erge frontalmente la maestosa facciata dalle linee classiche, alta 24 mt. E’ tutta in tufo locale, costruita nella seconda metà del ‘500, a seguito della modifica dell’accesso alla Basilica che, originariamente, avveniva attraversando un ponte.
Degna di interesse, per la sua unicità, la nuova facciata si presenta divisa in tre ordini sovrapposti: la parte inferiore con tre grandi archi a tutto sesto, con colonne lesene, la parte superiore con un sontuoso balcone con tre archi più piccoli, anch’essi a tutto sesto mentre nella parte superiore, sul fastigio, in una apposita nicchia, si trova la statua di San Francesco donata dall’arcivescovo di Palermo Gasch.
Il nuovo accesso venne concepito per fungere da cerniera per l’intero complesso: attraverso questi spazi si accede, infatti, alla Basilica, al chiostro, al romitorio e poi agli ambienti conventuali e, attraverso il ponte, alle foresterie inferiore e superiore, che si sviluppa lungo la riva opposta del torrente sino all’ex Collegium Minimorum.
Sulla destra della facciata si trova una porta che immette nella “Zona dei miracoli”, con l’antico acquedotto, la fornace e la fonte della Cucchiarella. Alle loro spalle dal 2000 si erge la nuova imponente aula liturgica, in grado di accogliere oltre 5.000 fedeli. Proseguendo sullo stesso itinerario, si incontrano il “Ponte del diavolo”, di epoca basso medievale, e la grotta nella quale verso il 1435 S. Francesco si ritirò al ritorno da un pellegrinaggio a Roma ed Assisi.
Nel portico sottostante la facciata, si trova l’ingresso alla navata minore, con portale in bronzo, opera di T. Gismondi del 1978 su cui sono raffigurate episodi relativi al culto mariano.
Nel pronao c’è la cappella del Beato Minimo fra Nicola Saggio da Longobardi (1650- 1707) ed una serie di affreschi – quelli della volta, relativi al giudizio finale, sono ricoperti – e l’ingresso della Chiesa.
L’imponente portale ogivale, di tipo gotico è in tufo e fa parte delle strutture primigenie; sulla parte superiore una lunetta contenente un affresco cinquecentesco raffigurante l’Assunta tra i Santi di Paola e di Assisi; il portone in bronzo con sculture a bassorilievo che rievocano la vita del Santo ed i suoi miracoli, è opera di Tommaso Gismondi e fu realizzato in occasione dell’Anno Santo del 1975.
L’avvio della costruzione del complesso conventuale risale al 1467, anno in cui, a seguito della conclusione positiva di una visita apostolica, Francesco Martolilla ottiene dall’ordinario diocesano di Cosenza il permesso di erigere un oratorio che dedicherà a S. Francesco d’Assisi. Annesso alla chiesa, sorge l’eremo destinato ad accogliere i membri della Congregazione eremitica che, all’epoca, non superavano la dozzina, escluso il Fondatore.
Grazie ai risultati delle indagini diagnostiche, il nucleo originario costruito dal Santo è stato individuato nel perimetro che oggi è occupato dal presbiterio. Con la partenza del Fondatore per la Francia, nell’arco di tempo di tempo che va dal 1483 al 1507 viene realizzata l’attuale prima campata della navata centrale, mentre ad un’epoca successiva appartiene la seconda ed ultima campata. La realizzazione di quest’ultimo segmento, comporterà lo spostamento dell’attuale portale litico. Inoltre, verosimilmente, sono anteriori al 1535, anno in cui fu celebrato a Paola un capitolo generale, le prime arcate della navata laterale, artisticamente più elaborate. Dopo questa data avviene il completamento della navata laterale che, come si evince dagli inizi di alcuni costoloni, doveva essere più lunga rispetto a quella attuale. Tale prolungamento era, inoltre, conseguenziale al fatto che l’ingresso all’antico Santuario avveniva mediante l’attraversamento di un ponte in muratura.
L’interno dell’attuale basilica, dedicata alla Madonna degli Angeli, si presenta a due navate di lunghezza diversa. Dopo i radicali restauri effettuati tra il 1963-1972, che hanno comportato il consolidamento delle strutture anche dell’annesso chiostro e la rimozione – escluse le cappelle laterali – degli stucchi secenteschi che ne occultavano l’iniziale fisionomia tardo-medievale, è stata riportata al primitivo stile gotico. Da ciò è emerso che le due campate e l’area presbiterale sono sviluppate notevolmente in altezza, in contrasto con l’altezza ridotta della navatella. Inoltre, se ad ogni campata corrispondono due campate della navata piccola, si nota un diverso impegno artistico degli archi addossati all’aria presbiterale, dal profilo articolato, quasi coevo alle arcate minori trasversali della navata minore, rispetto a quelli che si trovano verso l’ingresso della Basilica, che si presentano invece a profilo acuto, semplice e intradosso piatto. Nel 1555 l’edificio chiesastico fu attaccato dai Turchi e sia per coprire i danni e sia come precauzione da eventuali nuove incursioni, la struttura ebbe alcune significative trasformazioni. Anzitutto, fu eliminato il tetto a capriate e si realizzò un nuovo tetto a volte. Tutto ciò comporterà non solo il raddoppiamento dei muri perimetrali, ma la realizzazione un arco centrale di sostegno.
Con tale intervento iniziale, si posero inoltre le basi per il prolungamento con delle cappelle laterali lungo la navata inferiore e per rivestire l’interno della chiesa con stucchi barocchi. Grazie alle cospicue elargizioni di Giulia Spinelli, moglie di Carlo Francesco, marchese di Fuscaldo e principe di Tarsia, i lavori furono completati nel 1701, mentre il 31 dicembre 1716 l’edificio fu solennemente consacrato da mons. Giuseppe Perrimezzi, vescovo di Oppido Mamertina, originario di Paola e già frate minimo.
Malgrado la legge eversiva napoleonica del 1809, il Santuario non subì particolari trasformazioni, in quanto, pur da semplici sacerdoti, i frati continuarono a risiedervi. Un serio problema si verificò, invece, nel 1839, quando il fiume avendo eroso le basi sulle quali poggiava l’atrio antistante la chiesa, aprì delle profonde lesioni nell’arco sottostante il corridoio che conduce all’atrio superiore prospiciente il viale del Santuario. A partire dal 1840, fu realizzata in tutto il Regno una colletta, grazie alla quale furono rinforzati i relativi basamenti.
Con la legge eversiva del 1866, nonostante moltissimi comuni si fossero espressi negativamente, il Santuario fu incamerato dal Fondo Culto. In base al progetto di massima redatto il 30 novembre 1866 dal Corpo Reale del Genio Civile il complesso monumentale doveva essere adibito a istituto di pena. Fallito questo primo progetto, venne concesso al comune che cercò di adibirlo a scuola, senza alcun successo. L’espulsione di tutti i frati e le vertenze tra amministrazione comunale e rettore del Santuario, che era un ex frate, fecero ben presto deperire le strutture, tanto che il prezioso soffitto dei padri, tutto affrescato, era stato trasformato addirittura in una colombaia.
Nel 1901 i frati tornarono in quanto garantivano il pagamento del fitto. Iniziò l’opera di recupero, favorita da alcune eventi, quali il IV centenario della morte del Santo (1907) e il V della nascita (1916). Per quest’ultima ricorrenza venne realizzato nella chiesa l’organo collocato sulla bussola d’ingresso, mentre con l’aggiunta di elementi in cemento fu consolidata la facciata. Queste aggiunte in cemento sono state eliminate nel corso dei restauri effettuati alla fine degli anni Novanta.
Nel 1922 la chiesa è stata elevata a Basilica, ma a causa della penuria di risorse, i relativi festeggiamenti furono rinviati al 1928.
Nel 1961, dopo un sopralluogo dell’ing. Capo del Genio Civile di Cosenza, vengono rilevate notevoli lesioni strutturali nella Basilica e si avviano contestualmente i lavori di restauro e di consolidamento. Nell’eliminare la veste di stucchi settecenteschi che ricoprivano le pareti e le volte della Basilica, nel 1965, oltre a mettere in luce le strutture originarie (i pilastri a fascio, i capitelli fogliati, i costoloni delle volte, il profilo degli archi quasi tutti a sesto acuto), affiorarono diversi affreschi cinquecenteschi. Alcuni sono stati distaccati ed ora sono esposti nel museo. In Basilica è rimasto solo un affresco, raffigurante San Francesco , posizionato dietro un grande pilastro intermedio.
La Chiesa ha la copertura con 4 volte costolonate di cui la prima nascente da pilastri a fascio e le altre da mensole. La navata principale è separata da quella minore da 4 arcate ogivali e da una con arco a tutto sesto; sulle finestre vi sono attualmente delle vetrate istoriate con scene della vita del Santo. Durante i restauri venne, infine, risolto il problema dell’instabilità della parete sul portale attraverso l’innalzamento di due pilastri che reggono un arco a tutto sesto che metteva in comunicazione l’organo con l’antica cantoria. A seguito dei restauri, la cantoria è stata soppressa e al suo posto è stato posizionato il coro ligneo, con stalli a doppio ordine intagliati nel 1659. In origine questo coro era posizionato prospicente la scarsella presbiterale, sopra il vano che mette in comunicazione la chiesa con la sagrestia.
Nella parete di fondo dell’abside si trova un magnifico affresco raffigurante la Madonna degli Angeli, risalente alla seconda metà del sec. XV. Attraverso una porticina si accede all’anti-sagrestia e alla sagrestia vera e propria. Gli antichi armadi, con parte degli arredi liturgici sono andati distrutti nel corso di un incendio nel 1910. Gli armadi furono rifatti nel 1914 da ebanisti locali.
Nella navata collaterale abbiamo le seguenti cappelle: la prima, con la statua di San Giuseppe, originariamente era dedicata alla Natività; la seconda, dedicata ai Beati dell’Ordine dei Minimi, conserva tre tele dedicate a San Francesco di Paola con la volta affrescata da Bruno d’Arcevia (1997); nella parte sottostante la tela centrale, si venerano i resti mortali del ven. P. Bernardo Clausi (1789-1849); la terza cappella accoglie una statua della Madonna, 2 tele recenti opera di Piero Salustri (2009) e un affresco nella volta di S. Presta; sotto l’altare si venerano le ossa del martire s. Agapito; la quarta cappella, oltre ad una statua del Sacro Cuore di Gesù, contiene due tele di Sebastiano Milluzzo del 1992 raffiguranti il rapporto eucaristico del Santo – la cappella è dedicata alla custodia del SS.mo Sacramento – ed una tela posta sul soffitto raffigurante le Pie donne ai piedi della Croce.
Nella cappella gentilizia della famiglia degli Spinelli a sinistra, in un armadio con ricca cornice argentea fatta eseguire nel 1671 dalla principessa Giovanna d’Aquino e protetto da porte in ottone massiccio, è custodito il reliquiario monumentale, in lega di bronzo, copia di quello realizzato in argento e rubato nel 1983. Il busto del Santo, che al centro contiene una reliquia, poggia sull’originario zoccoletto decorato a sbalzo e a cesello e figurato da Angioletti, sbalzato e cesellato a tutto tondo. Sotto il busto sono esposte alcune reliquie: mantello, cappuccio, calze, sandali, un dente, una pentola ed una copia del sec. XVI dei processi apostolici.
Sull’altare con le reliquie ex ossibus, si trova un dittico raffigurante San Francesco da Paola e San Francesco d’Assisi; quello dedicato all’Assisiate è dipinto ad olio su tavola, su fondo dorato, opera di Dirck Hendricksz (1590-1595), mentre quello dedicato al Paolano è stato rifatto successivamente su tela da scuola partenopea.
Nel paliotto, in un’apposita urna bronzea, copia di quella rubata nel 1983, sono conservati cinque frammenti ossei di San Francesco, scampati miracolosamente alle fiamme appiccate dagli Ugonotti sul corpo del Santo il 13 aprile 1562 a Tours, durante le guerre di religione, e pervenuti a Paola nel 1935.
Sul lato destro della cappella c’è il sepolcro marmoreo con stemma del Marchese di Fuscaldo Salvatore Spinelli. Lo stemma a rilievo con epigrafe fu realizzato nel 1595. Restaurati dal 1927 al 1933-40, i pezzi originali si possono oggi ammirare nell’atrio antistante la zona dei miracoli.
Al centro della Cappella Spinelli è stata collocata nel 1946 la lampada votiva, che a partire dal 1952 viene annualmente alimentata da tre comuni in rappresentanza delle province calabresi.
Fuori dalla Basilica, all’inizio del chiostro, è l’accesso all’antico eremitaggio realizzato dallo stesso San Francesco e dai suoi primi compagni dopo il 1435. Questo romitaggio è costituito da un oratorio, da alcuni locali poveri ed angusti e da una grotta ricavata nella roccia.
Uscendo, a sinistra, si accede al chiostro opera di artieri calabresi, risalente ai secoli XVI-XVII, con arcate litiche a doppio ordine, decorate da capitelli con incisi motivi floreali differenti l’uno dall’altro, dai quali si elevano archi a sesto acuto sovrastati da archi rinascimentali. Sulle pareti, affreschi che raffigurano la vita del Santo con i miracoli organizzati per tipologia.
La nuova organizzazione data all’ingresso al Santuario, determinerà alcune nuove addizioni tra Cinque e Seicento. In particolare, fu realizzato un lungo edificio ad un duplice livello, ove al piano terra furono allocate le officine conventuali, mentre in quello superiore furono realizzate le celle riservate ai sacerdoti. Alla fine dell’edificio fu eretta una torre, all’interno della quale sarà collocata la biblioteca conventuale. Col cambio al vertice del Regno delle Due Sicilie, viene ridipinta la serie dei frati che si sono contraddistinti per santità e cultura affrescata lungo il corridoio dei Padri. In epoca posteriore viene affrescato il soffitto ligneo dipinto che corre lungo il corridoio del primo piano, abitato fino a poco tempo dai Padri ed oggi sede del Museo del Santuario.
Addossata alla Foresteria si trova la Scuola Apostolica, la cui la prima pietra fu posta il 14 luglio 1930. Nell’arco di due anni furono realizzati i primi due piani, mentre l’ultimo, costituito dalle camerate, fu elevato a partire dal 1956.
Sempre per soddisfare le esigenze dell’accresciuto numero di religiosi, nel 1937, tra la parte più antica del convento e il cosiddetto “ponte del diavolo”, fu realizzato un altro corpo di fabbrica, destinato nei piani inferiori a officine e dispense, mentre in quelli superiori a dormitorio dapprima dei fratelli laici ed oggi delle suore.
Le notizie sul fabbricato sono molto poche. Si ignora la data precisa in cui la Casa Natale fu trasformata in Oratorio, anche se, in base a quanto scrive il P. G. Passarello nella Vita B. Francisci de Paula, tale termine può essere successivo al 1573. Infatti, a partire da quell’anno risulta che i frati, settimanalmente, vi scendevano a celebrare la messa. A seguito dello scampato pericolo rappresentato dal violentissimo terremoto del 27 marzo 1638, fu istituita la festa patronale in base alla quale il reliquiario argenteo il giorno prima doveva scendere alla Casa Natale, per risalire al Santuario il giorno della festa patronale.
In occasione dei festeggiamenti per il IV centenario della morte (1907), sono stati rifatti il portale ed il prospetto esterno, con la collocazione di due lampioni in ferro battuto ai lati del portale, successivamente rimossi. In seguito ad una forte alluvione che danneggiò in gran parte l’edificio, fu necessario introdurre alcune modifiche che sono alla base dell’attuale forma, tra cui la creazione di un apposito terrapieno e la chiusura dell’antico ingresso e la conseguente apertura di quello attuale. Allo stato odierno delle ricerche si ignora se essa inizialmente fosse costituita da un solo vano, oppure avesse l’attuale forma. A lato, in epoca più recente, è stata realizzata la sagrestia sulla quale si erge un piccolo campanile.
Nel 1938, ricorrendo il III centenario della protezione del Santo sulla Città durante il terremoto del 1638, venne avviata una sottoscrizione per i lavori poi eseguiti tra il 1939 ed il 1940, finalizzati a salvare quanto più possibile dell’antica casetta dei coniugi Martolilla.
Durante l’esecuzione dei lavori effettuati dal noto maestro scalpellino di Paola, Giovanni Achille Gravina, coadiuvato dal capomastro muratore Mario Fiorito, pure paolano, sono state rinforzate le fondamenta a difesa del fabbricato, rafforzate le mura, innalzate le campate in modo da dare all’edificio uno slancio maggiore, rifatta la volta con un nuovo pavimento in marmi neri e bianchi. La nuova e breve scalinata a ventaglio, disegnata dal Caputo e realizzata in tufo dall’anzidetto Giovanni Achille Gravina, dà agio ad un piccolo ballatoio che consente l’accesso al monumento. Antecedentemente vi si accedeva attraverso una scala formata da complessivi sedici gradini con ringhiera in ferro battuto.
Sull’altare era posizionato un dipinto ad olio su tela di cm 150×150 raffigurante La nascita di San Francesco di Paola, opera del 1846 dell’oblato Minimo romano Nicola Camacci. Allorché questo quadro fu tolto per essere sostituito dal grande mosaico di Giovanni Hajnal (1966), si scoprì che anche il suo tergo riproduceva la nascita del Santo con tela del 1767 del pittore Raffaele Zaccarelli, dipinta pro sua devozione. Fu rimossa anche un’altra tela, raffigurante San Francesco di Paola in preghiera davanti la Madonna di Loreto.
L’esterno della cappella presenta il bel portale barocco in pietra locale, uguale, assieme alle decorazioni, a quello della chiesa di San Giacomo, sormontato da un timpano decorativo spezzato con la breve iscrizione.
All’interno, per tutta l’ampiezza del sacro edificio, si legge sulle pareti la scritta «Hic MCCCCXVI illuxit nativitas SS. Patris angelico cantu decorata» e, tra sei finestroni, figurano otto medaglioni di forma circolare con le immagini, secondo le scritte, delle virtù teologali Fede, Speranza, Carità (quest’ultima sull’altare), e dell’Umiltà, virtù propria del Santo Paolano, quindi della Castità, Penitenza, Obbedienza e Povertà, valori tipici di San Francesco di Paola e del suo Ordine, proposti come modello nell’esercizio quotidiano della vita spirituale dei Minimi.
Nelle volte sono stati dipinti otto affreschi, raffiguranti La concezione, Il battesimo, Il voto a San Francesco d’Assisi, La prima comunione (sulla seconda volta, con San Francesco infante), L’ingresso a San Marco Argentano, La vestizione dell’abito votivo, Il pellegrinaggio a Roma, Il pellegrinaggio a Loreto (sulla prima volta, con il Patriarca giovinetto). Questi affreschi, in parte danneggiati dall’umidità e dalle infiltrazioni piovane, sono opera di Emilio Juso.
All’esterno vi è un piccolo campanile con due nuove campane, opera della Fonderia Catello di Napoli (1939).
Nel 1966, in occasione del 550° anniversario della nascita del Santo, al posto di un’antica tela, viene posizionato in luogo della pala d’altare, e benedetto il 09 settembre da S. E. Rev.ma Mons. F. Tortora, il grande mosaico di m. 2,36×1,86 dell’artista ungherese Giovanni Hajnal (1913-2010), che raffigura la venuta al mondo del Santo Paolano in uno sfolgorio di figure dai colori caldi e precisi.
(Testi di Arch. Francesco Bitonte e Arch. Rossana Baccari)